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L’export digitale raggiunge i 9,2 mld di euro, +23% nel 2017

L’Osservatorio Export della School of Management del Politecnico di Milano ha presentato, in occasione del convegno “Export digitale: a ciascuno il suo canale!”, dei dati molto interessanti relativi all’Export digitale italiano.

Le statistiche parlano di un Export digitale dal valore complessivo di 9,2 miliardi di euro per il 2017, un trend in evidente crescita rispetto all’anno precedente, pari a +23%.

La cifra indicata deve essere distinta tra Export online diretto e indiretto, cerchiamo dunque di capire di cosa si tratta.

 

Export online diretto: di cosa si tratta?

L’Export online diretto corrisponde al commercio che le imprese italiane effettuano tramite e-commerce di proprietà, dunque gestiti autonomamente dal produttore, tramite e-commerce di rivenditori italiani oppure attraverso i grandi marketplace del commercio elettronico che hanno anche una sede italiana, come Amazon ed eBay, o ancora retailer multicanale come LuisaViaRoma o Yoox Net-A-Porter Group.

L’Export online diretto ha fatto registrare, nel 2017, un valore pari a 2,3 miliardi di euro, cifra che corrisponde al 25% del totale.

L’Export online indiretto, ovvero quello più diffuso

Il 75%, dunque la più grossa “fetta” dell’Export digitale italiano, riguarda invece l’Export online indiretto, il cui valore è risultato pari a 6,9 miliardi di euro.

Questo tipo di Export riguarda le vendite di prodotti italiani che si concretizzano in retailer stranieri, ovvero ad esempio nell’ambito di marketplace quali Amazon ed eBay nei loro domini esteri, su Zalando, JD.com, Suning, Tmall, Venteprivee ed altri siti ancora.

Immensi margini di crescita per l’Export italiano

Sebbene, come visto, predomini l’Export online indiretto, non è detto che quello diretto non possa crescere, anzi è proprio questo ciò che si auspica per la floridità dell’economia nazionale.

Attualmente, le aziende italiane che effettuano esportazioni tramite e-commerce sono poco più di un terzo, tuttavia solo il 2% affida le sue vendite esclusivamente a Internet; la percentuale è rilevante, dunque, ma ci sono senza dubbio degli immensi margini di crescita.

Alcuni dati interessanti sulle imprese esportatrici italiane

É molto interessante conoscere quali sono gli ambiti in cui l’Export digitale italiano si rivela più competitivo: al primo posto si colloca il settore Fashion, con una percentuale davvero importante pari al 66%, seguono il Food con il 15% e l’arredamento con il 7%.

Da un’analisi su un campione di 160 aziende esportatrici italiane, sia produttrici che retailer, è emerso che le medesime esportano almeno il 10% del loro fatturato nell’arco di un anno.

Resta elevata la percentuale di imprese che commercia con l’estero attraverso canali tradizionali, pari esattamente al 43%, il 35% opera sia tramite canali online che attraverso canali offline, mentre come accennato in precedenza appena il 2% delle aziende esporta affidandosi esclusivamente all’e-commerce.

Cosa impedisce alle aziende di commerciare online con l’estero?

Vendere attraverso e-commerce all’estero può essere davvero importante per il business di un’azienda e può spalancare degli orizzonti davvero importanti, ma per quale motivo alcune imprese non colgono tale opportunità?

Le ragioni sono differenti: nel 44% dei casi il “freno” è rappresentato da aspetti di natura legale, per il 39% il problema è invece individuabile nella necessità di gestire le strategie di Marketing, per il 34% nella gestione dei canali online, la medesima percentuale individua come ostacolo aspetti di natura logistica, infine il 27% delle imprese non commercia ancora con l’estero perché fatica a individuare dei finanziamenti necessari per ampliare l’attività in questo modo.

Un business potenziale assolutamente enorme

Rinunciare a quest’opportunità, tuttavia, è davvero un peccato: sono moltissime le imprese italiane che, ampliando la loro visione e rivolgendo i loro prodotti anche all’estero, sono riuscite a conseguire dei risultati davvero lusinghieri, decisivi per la crescita dell’azienda o, in alcuni casi, anche per la sua sopravvivenza.

Se siete consapevoli del fatto che l’e-commerce abbia un potenziale di business immenso, soprattutto laddove si vogliano rivolgere i propri prodotti anche all’estero, non esitate a contattarci: vantiamo un’esperienza profonda in questo settore e possiamo fornirvi ben più di un semplice aiuto!

 

Digital exports reach € 9.2bn, + 23% in 2017

The Export Observatory of the School of Management of the Politecnico di Milano presented, on the occasion of the conference “Digital export: to each its own channel!”, Some very interesting data relating to the Italian digital export.

The statistics speak of a digital Export with a total value of 9.2 billion euros for 2017, a trend in clear growth compared to the previous year, equal to + 23%.

The indicated figure must be distinguished between direct and indirect online export, so let’s try to understand what it is.

Direct online export: what is it?

Direct online export corresponds to the trade that Italian companies make through proprietary e-commerce, therefore managed independently by the manufacturer, through e-commerce of Italian retailers or through the large e-commerce marketplaces that also have an Italian headquarters, such as Amazon and eBay, or even multi-channel retailers such as LuisaViaRoma or Yoox Net-A-Porter Group.

Direct online export registered a value of 2.3 billion euros in 2017, a figure that corresponds to 25% of the total.

The indirect online export, that is the most widespread

75%, therefore the biggest “slice” of Italian digital exports, concerns indirect online exports, whose value is equal to 6.9 billion euros.

This type of Export concerns the sales of Italian products that take the form of foreign retailers, for example in the marketplaces such as Amazon and eBay in their foreign domains, on Zalando, JD.com, Suning, Tmall, Venteprivee and other sites still .

Immense growth margins for Italian exports

Although, as seen, the indirect online export predominates, it is not certain that the direct export cannot grow, indeed it is precisely this that is hoped for the prosperity of the national economy.

Currently, Italian companies that export via e-commerce are just over a third, but only 2% entrust their sales exclusively to the Internet; the percentage is relevant, therefore, but there are undoubtedly immense growth margins.

Some interesting data on Italian exporting companies

It is very interesting to know what are the areas in which Italian digital exports are the most competitive: the Fashion sector ranks first, with a really significant percentage of 66%, followed by Food with 15% and furniture with 7%.

An analysis of a sample of 160 Italian exporting companies, both producers and retailers, showed that they export at least 10% of their turnover within a year.

The percentage of companies that trade with foreign countries through traditional channels remains high, at exactly 43%, 35% operate both through online channels and through offline channels, while as previously mentioned, only 2% of companies export exclusively relying exclusively on ‘e-commerce.

What prevents companies from trading online abroad?

Selling through e-commerce abroad can be really important for the business of a company and can open up really important horizons, but why do some companies not seize this opportunity?

The reasons are different: in 44% of cases the “brake” is represented by aspects of a legal nature, for 39% the problem is instead identifiable in the need to manage Marketing strategies, for 34% in the management of online channels, the same percentage identifies logistical aspects as an obstacle, and finally 27% of companies do not yet trade with foreign countries because they find it difficult to identify the necessary funding to expand the business in this way.

An absolutely huge potential business

Giving up this opportunity, however, is really a pity: there are many Italian companies that, expanding their vision and turning their products abroad, have managed to achieve truly flattering results, decisive for the growth of the company or, in some cases, also for its survival.

If you are aware of the fact that e-commerce has immense business potential, especially where you want to turn your products abroad, do not hesitate to contact us: we have a profound experience in this sector and we can supply you with much more than a simple help!

Source: Osservatori.net

Istat: il 63% delle imprese non vuole investire nel digitale

Sono decisamente troppe le imprese italiane del tutto estranee al mondo digitale, e si tratta non a caso di aziende poco competitive e poco innovative, come emerge dall’ultimo rapporto sulla competitività dei vari settori produttivi pubblicato dall’Istat.

 

Ben il 63% delle imprese italiane reputa gli investimenti in tecnologie di comunicazione irrilevanti per il loro business.

In questa categoria rientrano principalmente aziende operanti nel settore della manifattura tradizionale, aziende che offrono servizi ad altre imprese, oppure specializzate in servizi postali, aziende di piccole dimensioni e scarsamente produttive.

Tra le altre categorie di imprese oggetto delle indagini Istat si registra un 2,3% di imprese denominate digitali incompiute, le quali ritengono l’ITC centrale per la loro competitività.

Si tratta nella grande maggioranza dei casi di imprese medio-grandi,  contraddistinte da un elevato livello di digitalizzazione e da un basso capitale umano e fisico, le quali ritengono che l’innovazione sia un asset strategico; queste aziende si occupano prevalentemente di commercio, della riparazione di autoveicoli e di turismo, da intendersi sia come agenzie viaggio che come strutture ricettive.

Il 22% del totale corrisponde alle aziende sensibili vincolate, per le quali l’ITC rappresenta un investimento fondamentale.

A questa categoria corrispondono principalmente aziende dalle dimensioni medio-grandi, con basso capitale umano e fisico e dal livello di digitalizzazione medio, aziende scarsamente redditizie e per le quali la forza lavoro qualificata risulta in diminuzione; queste imprese operano prevalentemente nella metallurgia, nella meccanica, nell’automotive, nella ristorazione e nella produzione di carta.

Il 9,7% del totale corrisponde alle aziende “sensibili“, per le quali l’ITC è ritenuto molto rilevante ai fini della crescita.

Queste imprese hanno soprattutto dimensioni medio-grandi e sono molto redditizie, per quel che riguarda i settori operativi, essi riguardano principalmente la produzione di bevande, di PC e di dispositivi elettronici di vario tipo, oppure si tratta di imprese operanti nel settore trasporti o di studi legali o contabili.

Il restante 3% corrisponde alle imprese digitali compiute, per le quali l’ICT costituisce un asset strategico: si tratta principalmente di imprese di grandi dimensioni e molto redditizie, le quali investono in modo importante nell’innovazione e nel marketing e che hanno un personale molto qualificato; i settori operativi i più frequenti sono le telecomunicazioni, la chimica, la farmaceutica, la consulenza informatica, la produzione di bevande.

Il 67% delle imprese italiane ha dichiarato di aver compiuto degli investimenti nel corso del 2017, e questo è sicuramente un dato incoraggiante; da questo punto di vista hanno peraltro influito in termini positivi alcune novità garantite dal Governo, come ad esempio il cosiddetto superammortamento.

Il fatto che il 63% delle imprese italiane non dimostra alcun interesse nei confronti degli investimenti ITC non può essere trascurato, non essendo certo un dato positivo per la nostra economia.

Questo dato negativo fa riflettere su come molte imprese italiane abbiano un potenziale immenso ma non del tutto sfruttato, probabilmente per via di una mentalità imprenditoriale eccessivamente tradizionale, poco sensibile alle novità e alle nuove opportunità digitali.

Oggi anche le aziende più piccole, se vogliono essere veramente competitive, non possono fare a meno di investire nel digitale anche una minima percentuale del proprio fatturato, importi anche esigui potrebbero realmente fare la differenza.

E tu cosa ne pensi? Come sono gli investimenti della tua azienda nel digital? La tua azienda sta sfruttando a pieno il potenziale del web, della comunicazione e della tecnologia?

Contattaci, siamo pronti a mettere a tua disposizione la nostra esperienza!

 

Istat: 63% of companies do not want to invest in digital

There are far too many Italian companies completely unrelated to the digital world, and it is no coincidence that these companies are not very competitive and not very innovative, as emerges from the latest report on the competitiveness of the various productive sectors published by Istat.

As many as 63% of Italian companies consider investments in communication technologies as irrelevant to their business.

This category mainly includes companies operating in the traditional manufacturing sector, companies offering services to other companies, or specializing in postal services, small-scale and low-productivity companies.

Among the other categories of companies covered by the Istat surveys, there is a 2.3% of companies called digital unfinished, which consider the central ITC for their competitiveness.

In the vast majority of cases these are medium-to-large companies, characterized by a high level of digitization and low human and physical capital, which believe that innovation is a strategic asset; these companies mainly deal with trade, vehicle repair and tourism, intended both as travel agencies and as accommodation facilities.

22% of the total corresponds to sensitive restricted companies, for which the ITC represents a fundamental investment.

This category mainly corresponds to medium-large companies, with low human and physical capital and the average level of digitization, companies with low profitability and for which the skilled workforce is decreasing; these companies operate mainly in metallurgy, mechanics, automotive, catering and paper production.

9.7% of the total corresponds to “sensitive” companies, for which the ITC is considered very relevant for growth purposes.

These companies have a medium-large size and are very profitable, as far as the operating sectors are concerned, they mainly concern the production of beverages, PCs and electronic devices of various types, or they are companies operating in the transport sector or legal or accounting firms.

The remaining 3% corresponds to the digital businesses accomplished, for which the ICT constitutes a strategic asset: these are mainly large and very profitable companies, which invest in an important way in innovation and marketing and have a personal very qualified; the most frequent operating sectors are telecommunications, chemistry, pharmaceuticals, IT consulting, beverage production.

67% of Italian companies declared to have made investments during 2017, and this is certainly an encouraging figure; from this point of view, however, some changes guaranteed by the Government, such as the so-called super-amortization, have had a positive impact.

The fact that 63% of Italian companies show no interest in ITC investments cannot be neglected, as it is certainly not a positive factor for our economy.

This negative figure makes us reflect on how many Italian companies have immense but not fully exploited potential, probably due to an excessively traditional entrepreneurial mentality, not very sensitive to new developments and digital opportunities.

Today, even the smallest companies, if they want to be truly competitive, can not help but invest in digital, even a small percentage of their turnover, even small amounts could really make a difference.

And what do you think? How are your company’s investments in digital? Are you sure that your company is fully exploiting the potential of the web, communication and technology?

Contact us, we are ready to put our experience at your disposal!

Source: Ilsole24ore.com

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